Menu

carmelitecuria logo it

  • image
  • image
  • image
  • image
  • image
  • image
  • image
  • image
  • image
  • image
  • image
  • image
  • image
  • image
  • image
  • image
  • image
  • image
Lunedì, 30 Settembre 2024 10:29

Prima Conferenza: L’itinerario di Teresa di Lisieux

L’itinerario di Teresa di Lisieux

come conformazione a Cristo:

misericordia nella fragilità e primato della grazia

Primo incontro di formazione permanente Carmelitani europei

21 ottobre 2023

Giampiero Molinari, O. Carm.

pdf Leggi le Domande di riflessione - Misericordia e grazia (362 KB)  

Introduzione

In questo anno stiamo celebrando i 150 anni dalla nascita di Santa Teresa di Lisieux (2 gennaio 1873) e il centenario della sua beatificazione (29 aprile 1923). Nel 2025 ricorrerà il centenario della canonizzazione (17 maggio 1925). Come sappiamo, inoltre, l’UNESCO ha collocato Teresa tra le donne storicamente significative. Tutto ciò costituisce un buon motivo per riprendere in mano i suoi scritti e rileggerne la dottrina, cercando di farla calare nella vita.

Nell’accostarsi a Teresa non va dimenticato un dato di fatto: se da un lato è sicuramente una luce per aver richiamato i valori perenni del Vangelo, dall’altro (come ciascuno di noi) rimane figlia del proprio tempo. Il suo scrivere risente del clima romantico e un po’ mieloso dell’epoca e si caratterizza per un ampio uso di diminutivi, prolungati segni di interpunzione, ecc. Tutto ciò può non facilitarne la lettura e creare anche un certo fastidio! Se, però, si compie un piccolo sforzo e si va oltre questa “scorza”, si scoprirà un vissuto spirituale molto profondo (sostanzialmente non compreso quando la santa era in vita) e una dottrina, che possiamo definire una teologia narrativa e simbolica.

L’esperienza della misericordia divina nell’alveo della propria fragilità:

una microstoria della salvezza

Possiamo considerare Teresa di Lisieux come il Dottore della misericordia divina. Tale tema appare, infatti, come il filo conduttore dei due Manoscritti autobiografici nei quali rilegge la propria vita (Manoscritto A, la cui stesura prende avvio all’inizio del 1895, e il Manoscritto C, redatto a partire da giugno 1897).

All’inizio del Manoscritto A Teresa delinea lo scopo prefissato:

non farò che una cosa sola: cominciare a cantare quello che devo ripetere in eterno – «Le Misericordie del Signore» (Ms A 2r)[1].

Sulla stessa lunghezza d’onda si pone il Manoscritto C; rivolgendosi alla priora, Madre Maria di Gonzaga, la santa scrive: «Madre amata, mi ha espresso il desiderio che io completi con lei il mio Canto delle Misericordie del Signore» (Ms C 1r).

A questo riguardo non dobbiamo sottovalutare l’incipit del Manoscritto A: «Storia primaverile di un Fiorellino bianco» (Ms A 2r) - che sarebbe meglio tradurre “piccolo fiore bianco” (rispettando l’originale francese) – in quanto nell’intenzione di Teresa viene a racchiudere un’esperienza profonda della misericordia di Dio. Si tratta, infatti, della sassifraga che il papà le dona dopo che gli ha confidato il desiderio di entrare al Carmelo: 

Ciò di cui mi ricordo perfettamente fu il gesto simbolico che il mio diletto Re compì senza saperlo. Avvicinandosi ad un muro non molto alto, mi mostrò dei fiorellini bianchi simili a gigli in miniatura e, prendendo uno di quei fiori, me lo diede, spiegandomi con quanta cura il buon Dio l’aveva fatto nascere e l’aveva conservato fino a quel giorno. Sentendolo parlare, credevo di ascoltare la mia storia, tanto era la somiglianza tra quello che Gesù aveva fatto per il piccolo fiore e la piccola Teresa” (Ms A 50v. Grassetto mio).

Nei suoi Manoscritti Teresa rilegge, dunque, la propria vita come microstoria della salvezza: non è lei il centro, ma l’azione misericordiosa di Dio in lei. La santa è chiara su questo punto: «non è la mia vita vera e propria che scriverò, ma i miei pensieri sulle grazie che il Buon Dio si è degnato di accordarmi» (Ms A 3r). E poco dopo: «Il fiore che racconterà la sua storia […] riconosce […] che solo la sua misericordia ha fatto tutto ciò che c’è di bene in lui (Ms A 3v).

  1. Il contesto della fragilità

Il tema della misericordia divina brilla ancora di più se consideriamo il vissuto di Teresa, specialmente nei primi anni della sua vita. Un periodo segnato da vari fatti traumatici, che le producono ferite non lievi bloccandole, in un certo qual modo, la naturale maturazione affettiva. Eccoli in sintesi:

  1. Le due separazioni vissute intorno all’età di due mesi: dalla mamma, che non può allattarla a causa del cancro al seno e deve affidarla ad una nutrice e, successivamente, da quest’ultima in seguito al rientro in famiglia.
  2. La malattia e la conseguente morte della mamma nel 1877 (cf. Ms A 12r-13r):

Non mi ricordo d’aver pianto molto e non parlavo con nessuno dei sentimenti profondi che provavo… Guardavo e ascoltavo in silenzio… […], eppure capivo (Ms A 12v. Grassetto mio).

Nella pagina seguente leggiamo:

a partire dalla morte della Mamma, il mio carattere felice cambiò completamente; io così vivace, così espansiva, diventai timida e dolce, sensibile all’eccesso. Uno sguardo bastava per farmi sciogliere in lacrime (Ms A 13r).

  1. La partenza per il Carmelo di sua sorella Paolina, che Teresa aveva scelto come seconda madre (cf. Ms A 13r):

Io non sapevo cosa fosse il Carmelo, ma capivo che Paolina mi avrebbe lasciata per entrare in un convento, capivo […] che avrei perso la mia seconda Madre!... Ah, come potrò dire l’angoscia del mio cuore?... In un attimo capii cos’era la vita […] una sofferenza e una separazione continua. Versai lacrime molto amare… (Ms A 25v. Grassetto mio).

  1. Narrando la partenza per il Carmelo della sorella Maria – che, dopo la separazione da Paolina, aveva preso come unico sostegno (cf. Ms A 41r) – Teresa ritorna sul tema: «Paolina era lontana, molto lontana da me!... […]. Paolina era perduta per me, quasi come se fosse morta» (Ms A 41r-41v). Sono parole molto forti, che lasciano ben trasparire il dramma che sta vivendo.
  1. L’esperienza della misericordia con tonalità mariana e cristologica

Come sappiamo, tutti queste situazioni traumatiche le procurano l’insorgere di una malattia psicosomatica, caratterizzata da sintomi quali insonnia, tremori, cefalee, allucinazioni, ecc. Si tratta di una sorta di nevrosi e regressione infantile. Paradossalmente è proprio in questa fase di estrema fragilità e vulnerabilità che Teresa sperimenta la misericordia di Dio, a tal punto da affermare - rileggendo la propria vita - che la caratteristica dell’amore, della grazia, è abbassarsi (cf. Ms A 2v). La santa può dirlo perché ha sperimentato in questo particolare frangente un Dio che si china sulla sua miseria. Per questo, nel redigere il Manoscritto A, ormai «maturata nel crogiuolo delle prove esteriori ed interiori» (Ms A 3r), cita il Salmo 22 (Il Signore è il mio pastore) evidenziando con convinzione: «Sempre il Signore è stato verso di me compassionevole e pieno di dolcezza» (Ms A 3v).

Il cammino di guarigione vissuto dalla santa (che potremmo definire una sorta di personale “cammino di salvezza”) si caratterizza per due tappe fondamentali dalla tonalità, rispettivamente, mariana e cristologica.

Tutti conosciamo il racconto dell’“incantevole sorriso della Madonna” (cf. Ms A 30v-30r), grazie al quale Teresa riacquista una sostanziale (anche se non completa) serenità di fondo: «tutte le mie sofferenze svanirono» (Ms A 30r), «il fiorellino stava rinascendo alla vita» (Ms C 30v), leggiamo nel Manoscritto A. Leggendo con attenzione questo racconto ci renderemo conto che la santa percepisce il sorriso della Vergine come il riflesso della tenerezza di Dio. Lo si può intuire dall’utilizzo del simbolo del “sole” che viene applicato a Dio per sottolinearne la benevolenza (cf. Ms A 3r), ma successivamente viene esteso anche alla Vergine Maria (cf. Ms A 29v) e alle stesse creature nel momento in cui vengono percepite nell’atto di mediare le cure del Sole divino (cf. Ms A 24r).

Benché ristabilita, Teresa si distingue ancora per una notevole ipersensibilità, che definisce come un “brutto difetto” (cf. Ms A 44v). Così si descrive:

Ero veramente insopportabile per la mia sensibilità eccessiva; così, se mi capitava di dare involontariamente un piccolo dispiacere a una persona che amavo […] piangevo come una Maddalena e, quando cominciavo a consolarmi della cosa in sé, piangevo per aver pianto… (Ms A 44v).

A questo punto l’azione misericordiosa del Padre assumerà una connotazione cristologica, centrata sull’abbassamento del Figlio di Dio nel mistero dell’incarnazione. Si tratta della nota “Grazia di Natale” del 1886 (cf. Ms A 44v-45v), così definita dalla santa: «la grazia della mia completa conversione» (Ms A 45r). Costituisce, infatti, un vero e proprio “spartiacque”: Teresa si percepisce così trasformata da non riconoscersi più; da quel momento, scrive, «camminai di vittoria in vittoria e cominciai per così dire, “una corsa da gigante!...”» (Ms A 44v).

Per il tema che stiamo trattando è interessante la sintesi proposta dalla stessa Teresa:

In un istante l’opera che non ero riuscita a fare in 10 anni, Gesù la fece accontentandosi della mia buona volontà che mai mi mancò (Ms A 45v).

In questa rilettura dell’evento del Natale 1886 mi sembra di cogliere, infatti, come la santa sia ormai consapevole del primato della grazia: è sempre l’amore di Dio a compiere il primo passo, accontentandosi della nostra “buona volontà”.   

  1. Il messaggio di fondo:

uno sguardo di fede che apre alla speranza

Attraverso la sua esperienza Teresa ci apre, dunque, alla speranza: nessuna ferita, nessun limite può bloccare il nostro cammino di maturazione verso la santità se ci consegniamo all’azione trasformante dello Spirito. Limiti, ferite, fragilità psicofisiche, il chiaroscuro della vita possono divenire orizzonti di grazia[2] nella misura in cui la nostra quotidianità viene consegnata con fiducia a Dio.

Teresa poteva benissimo ripiegarsi su se stessa, rimanere prigioniera delle sue ferite. L’apertura alla grazia le permette, invece, di uscire dalle “fasce dell’infanzia” (cf. Ms A 44) per vivere nell’ottica del dono di sè: «sentii […] il bisogno di dimenticarmi per far piacere e da allora fui felice!» (Ms A 45v), scrive a conclusione del racconto della “Grazia di Natale”.

La santa ci invita ad affinare il nostro sguardo di fede: nonostante tutte le contrarietà che possono sorgere, nel terreno della nostra vita sono presenti tanti semi della misericordia di Dio (cf. Dt 6,10-13). Ce lo ricorda anche Papa Francesco nell’Esortazione apostolica Gaudete et exsultate: «Guarda la tua storia quando preghi e in essa troverai tanta misericordia. Nello stesso tempo questo alimenterà la tua consapevolezza del fatto che il Signore ti tiene nella sua memoria e non ti dimentica mai» (n. 153).

È proprio questa consapevolezza, maturata negli anni, a condurre Teresa ad una nuova visione della perfezione. Ne parla nel folio 32r del Manoscritto A (che secondo Conrad de Meester, ocd rappresenta una delle migliori formulazioni della “piccola via”[3]):

sento sempre la stessa audace fiducia di diventare una grande Santa, perché non faccio affidamento sui miei meriti, visto che non ne ho nessuno, ma spero in Colui che è la Virtù, la Santità Stessa: è Lui solo che accontentandosi dei miei deboli sforzi mi eleverà fino a Lui e, coprendomi dei suoi meriti infiniti, mi farà Santa (Ms A 32r. Grassetto mio).

È il primato della grazia, la presa di coscienza della gratuità della salvezza, a cui la santa giunge attraverso un graduale cammino di conformazione a Cristo.

 

Conformarsi al Volto di Cristo:

dal volontarismo alla gratuità della salvezza

Semplificando un po’ il discorso, possiamo affermare che la spiritualità dominante all’epoca di Teresa si caratterizza per il rigorismo, l’ascesi, l’offerta alla Giustizia di Dio in riparazione dei peccati e il volontarismo. Al centro troviamo lo sforzo personale, la necessità di acquistare meriti.

Tale clima si respira ovviamente anche al Carmelo di Lisieux (pur facendosi strada anche la visione spirituale di San Francesco di Sales) e lo possiamo scorgere anche in Teresa. L’8 gennaio 1889, due giorni prima della vestizione, scrive alla sorella Sr. Maria del Sacro Cuore: «Come ho sete del Cielo […]. Ma è necessario soffrire e piangere per giungervi… Ebbene! Io voglio soffrire tutto quello che piacerà a Gesù» (LT 79). Nel medesimo anno, riportando la conferenza di un predicatore, scrive a Celina: «La santità consiste nel soffrire e nel soffrire di tutto. “La Santità! bisogna conquistarla con la spada sguainata…”» (LT 89).

  1. “I misteri d’amore nascosti nel Volto del nostro Sposo” (Ms A 71r):

La devozione al Volto Santo e la malattia di Louis Martin

Un altro momento traumatico nella vita di Teresa è rappresentato dalla malattia del papà, a cui era molto legata. Fonte di particolare sofferenza sarà il ricovero, il 12 febbraio 1889, presso un ospedale psichiatrico di Caen, a causa dell’intensificarsi della demenza senile. Significative le espressioni con cui la santa ricorda l’evento:

Ah, quel giorno non ho detto che avrei potuto soffrire di più!!! Le parole non possono esprimere le nostre angosce, quindi non cercherò di descriverle (Ms A 73r).

Pur con sofferenza (come mostra anche l’esame grafologico delle lettere scritte in questo periodo), Teresa affronta la nuova prova con grande maturità spirituale. La malattia del padre la conduce ad approfondire la devozione al Volto Santo, vissuta già in famiglia e successivamente in monastero. Infatti, nel volto non più riconoscibile del padre scorge i tratti del Servo Sofferente descritti dal profeta Isaia (cf. Is 53,1-5 e 63,1-5) e comprende più in profondità l’abisso di umiliazione in cui il Figlio di Dio ha voluto discendere. 

Lo stretto legame che Teresa pone tra la prova che ha colpito suo padre e la Passione del Signore appare chiaramente in un Volto Santo che disegna in una casula poco dopo la morte del padre, avvenuta il 29 luglio 1894. Osservandola anche solo superficialmente, infatti, non sfugge la somiglianza di questa immagine del Volto Santo con i tratti somatici di Louis Martin[4]

Alla luce della Scrittura e della malattia del papà Teresa scopre l’essenza del Volto Santo: parla di “misteri d’amore” (cf. Ms A 71r), di “bellezze nascoste” (cf. LT 108). Nella lettera del 4 aprile 1889 scrive a Celina: «Gesù brucia d’amore per noi […] Guarda Gesù nel suo Volto e lì vedrai come ci ama (LT 87).

Nel Volto sfigurato del Signore Teresa contempla l’amore folle e gratuito di Dio per ciascuno di noi, al di là dei nostri meriti. Davanti a quel Volto non vi è più posto per il volontarismo, per lo sforzo titanico o per la ricerca di meriti, ma la riconoscenza per una grazia divina sempre preveniente. La stessa sofferenza acquista senso solo se conseguenza dell’amore e della fedeltà al Vangelo. Nella lettera del 6 luglio 1893 la santa si rivolge a Celina con queste significative parole:

Egli [Gesù] le insegna a giocare alla banca dell’amore; ma, no, piuttosto è Lui che gioca con lei, senza dirle come fa, poiché questo è affar suo e non di Teresa; ciò che riguarda lei è abbandonarsi, donarsi senza riservarsi nulla, neppure la soddisfazione di sapere quanto la banca renda (LT 142. Grassetto mio).

E nell’Atto di offerta all’Amore Misericordioso, del 9 giugno 1895, scrive: «Alla sera di questa vita, comparirò davanti a te a mani vuote, perché non ti chiedo, Signore, di contare le mie opere» (Pr 6. Grassetto mio).

Significativo quanto la santa riporta nelle ultime pagine del Manoscritto C (redatto nel mese di giugno 1897, quindi tre mesi prima della morte): «quaggiù non riesco a concepire un’immensità di amore più grande di quella che ti sei compiaciuto di prodigarmi gratuitamente senza alcun merito da parte mia» (Ms C 35r. Grassetto mio).

Conrad De Meester sintetizza il percorso compiuto da Teresa in questi termini:

La santità […] non è più una conquista ma una grazia ricevuta. L’uomo, davanti al Dio d’amore, diventa più passivo, più ricettivo. […] il primo impegno dell’uomo è quello di aprirsi completamente al Redentore, mentre il suo sforzo diventa collaborazione[5].

E più avanti: «La volontà di conquista è stata completamente trasformata in recettività al dono»[6]. Ovviamente ciò non significa una spiritualità di basso profilo: Teresa infatti – sottolinea ancora De Meester - «non trascura nessuno sforzo per essere fedele […] alla volontà di Dio come essa si manifesta nella vita concreta»[7]. La differenza sta in una maggiore tranquillità d’animo di fronte all’impotenza e alla propria fragilità. La lettera 142 del 6 luglio 1893, che abbiamo in parte già citato, costituisce una sorta di “manifesto” al riguardo.

  1. “Fa’ che io ti Rassomigli, Gesù!” (Pr 11)

A questo punto del suo cammino, dunque, Teresa vede la santità secondo una prospettiva radicalmente nuova: si tratta di crescere sempre più nella somiglianza con il Volto di Cristo. È ciò che esprime in una brevissima preghiera, scritta su di una piccola pergamena nella quale era raffigurato il Volto Santo. Il testo suona così: «Fa’ che io ti Rassomigli, Gesù!» (Pr 11). Significativo il fatto che la santa portava sempre con sé questa preghiera, insieme ad altre, in un sacchetto appuntato con uno spillo dalla parte del cuore: quasi una manifestazione visibile del desiderio di vivere il dono di sé come risposta alla gratuità della salvezza.

  

 

[1] Cito gli scritti della santa servendomi del seguente volume: S. Teresa di Gesù Bambino, Opere complete. Scritti e ultime parole, LEV-Edizioni OCD, Città del Vaticano-Roma 1997.

[2] A. Piccirilli, Fragile come tutti, felice come pochi. Teresa di Lisieux e le nostre ferite, San Paolo, Cinisello Balsamo 2019, 14.

[3] C. De Meester, Teresa di Lisieux. Dinamica della fiducia. Genesi e struttura della «via dell’infanzia spirituale», San Paolo, Cinisello Balsamo 1996, 208-210.

[4] L’immagine è visibile in P. Descouvemont – H. N. Loose, Teresa e Lisieux, LEV, Città del Vaticano 1995, 207.

[5] C. De Meester, A mani vuote. Il messaggio di Teresa di Lisieux, Queriniana, Brescia 19975, 44.

[6] Ibidem, 52.

[7] Ibidem, 53.

Image Gallery

Avviso sul trattamento dei dati digitali (Cookies)

Questo sito web utilizza i cookies per eseguire alcune funzioni richieste e per analizzare la fruizione del nostro sito web. Raccoglieremo le tue informazioni solamente se completi i nostri moduli di iscrizione o di richiesta di preghiera, in modo da poter rispondere alla tua e-mail o inserire le tue intenzioni / richieste nella preghiera. Non utilizziamo i cookies per personalizzare i contenuti e gli annunci. Nessuna informazione, acquisita tramite i nostri moduli di contatto via posta elettronica, verrà condivisa con terze persone. "Le tue informazioni" restano "le tue informazioni personali".