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Displaying items by tag: Calendar of Feasts and Memorials

Venerdì, 13 Dicembre 2024 13:50

S. Giovanni della Croce, Dottore della Chiesa

14 Dicembre Festa

Quale anno di nascita più probabile viene indicato il 1540, a Fontiveros (Avila, Spagna). Rimase ben presto orfano di padre e dovette trasferirsi con la mamma da un luogo all'altro, mentre portava avanti come poteva i suoi studi e cercava di guadagnarsi la vita. A Medina, nel 1563, vestì l'abito dei Carmelitani e dopo l'anno di noviziato ottenne di poter vivere secondo la Regola senza le mitigazioni.

Sacerdote nel 1567 dopo gli studi di filosofia e teologia fatti a Salamanca, lo stesso anno si incontrò con S. Teresa di Gesù, la quale da poco aveva ottenuto dal Priore Generale Rossi il permesso per la fondazione di due conventi di Carmelitani contemplativi (poi detti Scalzi), perchè fossero di aiuto alle monache da lei istituite. Dopo un altro anno - durante il quale si accordò con la Santa - il 28 novembre 1568 fece parte del primo nucleo di riformati a Duruelo, cambiando il nome di Giovanni di S. Mattia in quello di Giovanni della Croce.

Per saperne di più sulla vita di S. Giovanni della Croce ...

Per saperne di più sulla spiritualità eucaristica di S. Giovanni della Croce ...

 
Published in Notizie (CITOC)
Lunedì, 02 Dicembre 2024 13:16

Beato Bartolomeo Fanti, Sacerdote

5 Dicembre Memoria facoltativa

Cristo è veramente “Dio con noi”

Dalla lettera enciclica di Papa Paolo VI, “Il mistero della fede”

IN MODO SUBLIME, Cristo è presente nella sua Chiesa quando essa offre in suo nome il sacrificio della Messa. È presente in lei quando amministra i sacramenti. Ma c'è ancora un altro modo in cui Cristo è presente nella sua Chiesa, un modo che supera tutti gli altri; è la sua presenza nel sacramento dell'Eucaristia, che è per questo “una fonte di devozione più consolante, un oggetto di contemplazione più bello, un mezzo di santificazione più efficace di tutti gli altri sacramenti”. Il motivo è chiaro: contiene Cristo stesso ed è “una sorta di perfezione della vita spirituale; in un certo senso, è la meta di tutti i sacramenti”.

Questa presenza è chiamata “reale” - con ciò non si intende escludere tutti gli altri tipi di presenza, come se non potessero essere anch'essi “reali” - ma perché è presenza nel senso più pieno del termine: è, cioè una presenza sostanziale con la quale Cristo, il Dio-Uomo, è interamente e completamente presente.

Inoltre, la Chiesa cattolica ha mantenuto questa fede nella presenza nell'Eucaristia del Corpo e del Sangue di Cristo, non solo nel suo insegnamento ma anche nella sua pratica, poiché ha sempre reso a questo grande Sacramento il culto che si chiama Latria e che può essere reso solo a Dio.

La Chiesa cattolica ha sempre offerto e offre tuttora il culto di Latria al Sacramento dell'Eucaristia, non solo durante la Messa, ma anche al di fuori di essa, riservando le Ostie consacrate con la massima cura, esponendole a una solenne venerazione e portandole processionalmente per la gioia di grandi folle di fedeli.

Negli antichi documenti della Chiesa abbiamo molte testimonianze di questa venerazione. I pastori della Chiesa, infatti, esortavano con sollecitudine i fedeli ad avere la massima cura nel custodire l'Eucaristia che portavano a casa.

È auspicabile che i fedeli, ogni giorno e in gran numero, partecipino attivamente al sacrificio della Messa, ricevano la Santa Comunione con cuore puro e rendano grazie a Cristo nostro Signore per un dono così grande.

Nel corso della giornata i fedeli non dovrebbero tralasciare di visitare il Santissimo Sacramento, che secondo le leggi liturgiche deve essere conservato nelle chiese con grande riverenza in un luogo molto onorevole. Queste visite sono una prova di gratitudine, un'espressione di amore e un riconoscimento della presenza del Signore.

Nessuno può non comprendere che la Divina Eucaristia conferisce al popolo cristiano una dignità incomparabile. Non solo mentre si offre il sacrificio e si riceve il sacramento, ma finché l'Eucaristia è conservata nelle nostre chiese e nei nostri oratori, Cristo è veramente l'Emmanuele, cioè “Dio con noi”. Giorno e notte è in mezzo a noi, abita con noi pieno di grazia e di verità. Egli ristabilisce la moralità, alimenta le virtù, consola gli afflitti, rafforza i deboli. Propone il proprio esempio a coloro che vengono a lui, affinché tutti imparino ad essere, come lui, miti e umili di cuore e a non cercare i propri interessi, ma quelli di Dio.

Chiunque si accosti a questo augusto Sacramento con particolare devozione e si sforzi di ricambiare l'amore generoso con l'amore infinito di Cristo, sperimenterà e comprenderà pienamente – non senza gioia e frutti spirituali - quanto sia preziosa la vita nascosta con Cristo in Dio e quanto sia grande il valore del colloquio con Cristo, perché non c'è nulla di più consolante sulla terra, nulla di più efficace per avanzare sulla strada della santità.

Inoltre, vi rendete conto, venerabili fratelli, che l'Eucaristia è riservata nelle chiese e negli oratori come nel centro spirituale di una comunità religiosa o di una parrocchia, sì, della Chiesa universale e di tutta l'umanità, poiché sotto l'apparenza delle specie è contenuto Cristo, il Capo invisibile della Chiesa, il Redentore del mondo, il Centro di tutti i cuori, “per mezzo del quale sono tutte le cose e per mezzo del quale noi esistiamo”.

Da ciò deriva che il culto tributato alla Divina Eucaristia spinge fortemente l'anima a coltivare un amore “sociale”, con il quale si privilegia il bene comune rispetto al bene del singolo. Consideriamo come nostri gli interessi della comunità, della parrocchia, della Chiesa intera, estendendo la nostra carità al mondo intero, perché sappiamo che ovunque ci sono membra di Cristo.

Per saperne di più sulla vita del B. Bartolomeo Fanti ...

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Mercoledì, 27 Novembre 2024 10:05

Beati Denis della Natività e Redento (OCD)

29 novembre

Seconda lettura dall'Ufficio delle letture per la memoria dei beati Denis della Natività, sacerdote, e Redento, religioso e martire
Dal libro «Salita del Monte Carmelo» di S. Giovanni della Croce, sacerdote

Rinnegare veramente sé stessi e portare la croce di Cristo

Se qualcuno vuole seguire la mia via rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua. Colui infatti che vuole salvare la sua anima, la deve perdere, e chi per me la perderà la guadagnerà. Oh! Vi fosse qualcuno capace di fare intendere, praticare e gustare alle persone spirituali il senso del consiglio di rinunciare a noi stessi, dato dal Nostro Signore affinché queste comprendano quanto il modo di comportarsi in questo cammino sia diverso da quello che la maggior parte di loro credono! Alcune sono convinte che basti qualunque genere di ritiro e di riforma della vita, altre si contentano di praticare in qualche modo le virtù, di dedicarsi all'orazione e di esercitarsi nella mortificazione, ma né le une né le altre raggiungono la nuda povertà, ľabnegazione o la purezza spirituale, che sono tutt'uno, consigliate dal Nostro Signore. Esse infatti si preoccupano ancora di nutrire e di vestire la loro natura di consolazioni e di sentimenti spirituali piuttosto che di spogliarla e privarla per amore di Dio di ogni cosa.

Facendo così, esse diventano spiritualmente nemiche della croce di Cristo, perché il vero spirito cerca nel Signore più l'amaro che il dolce, propende più per le sofferenze che per le consolazioni, si sente spinto per amore di Dio più alla rinuncia che al possesso di ogni bene, tende più alle aridità e alle afflizioni che alle dolci comunicazioni, sapendo bene che solo così si segue Cristo e si rinuncia a sé stessi e che agire altrimenti vuol dire cercare se stessi in Dio, cosa molto contraria all'amore. Se l'uomo si decide di portare questa croce, se risolve cioè con fermezza di andare in cerca e di sopportare per il Signore travagli in ogni cosa, troverà in ciò grande sollievo e grande soavità.

In nessun modo si progredisce se non con l'imitare Cristo il quale è la via, la verità, la vita e nessuno giunge al Padre se non per Lui. E la via consiste nel morire alla natura.

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Lunedì, 18 Novembre 2024 14:57

S. Raffaele di San Giuseppe (OCD), Sacerdote

19 Novembre Memoria facoltativa nella provincia della Polonia

Raffaele di San Giuseppe (nel secolo: Josef Kalinowski), nacque a Vilna da famiglia polacca il 1º settembre 1835 e morì a Wadowice il 15 novembre 1907. Aderì all'insurrezione per salvare dal potere zarista di occupazione la Polonia, accettando la nomina di ministro della guerra a Vilna.

Nel 1877 entrò al Carmelo. Ordinato sacerdote nel 1882, si impegnò soprattutto nel ministero della riconciliazione, nella direzione spirituale e ripieno di zelo ecumenico operò ardentemente per l'unità della Chiesa.

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Giovedì, 14 Novembre 2024 14:35

Commemorazione di tutti i defunti dell’Ordine

15 Novembre Memoria facoltativa

Radunati da uno stesso amore per Cristo e dall'ossequio verso la sua dilettissima Madre, i membri della famiglia del Carmelo continuano ad amarsi fraternamente, siano essi impegnati nella lotta per Cristo su questa terra, oppure, trascorso il loro pellegrinaggio terreno, attendano la visione gloriosa del Signore.

Perciò l'Ordine intero, unito in preghiera, raccomanda alla misericordia di Dio i fratelli e le sorelle defunti affinché, per intercessione della Vergine Maria, pegno di sicura speranza e di gaudio, li accolga tra i gloriosi cori dei Santi.

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Mercoledì, 13 Novembre 2024 10:10

Celebrazione di tutti i Santi dell'Ordine Carmelitano

14 Novembre Festa

La beatitudine celeste del Paradiso
Dal De Patientia del beato Battista Mantovano, carmelitano

Sulle gioie del paradiso non oso scrivere inconsideratamente. Isaia e poi Paolo nella sua prima lettera ai Corinzi hanno scritto: Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano. Come potrei tentare di esprimere a parole quello che non si riesce neppure ad immaginare? Dirò tuttavia qualcosa per spingerti a desiderare di vedere quelle cose che gliocchi mortali non sono in grado di vedere. Tale desiderio, elevando la mente dalle cose terrene a quelle celesti, fa sì che, pur restando ancora terreni e mortali, almeno in parte diventino celesti. Se è vero che là dov'è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore, se il nostro tesoro lo abbiamo in cielo bisogna che sia in cielo anche il nostro cuore. Se è in cielo, ha dimensioni celesti e bisogna che celesti siano i desideri del nostro cuore, mediante l'impegno di meditare cose grandiose e infinite partendo dalle più piccole.

Come il cielo supera in grandezza, altezza e bellezza la terra, così non dubito che i beni celesti siano da preferire a quelli terreni. Dico che non ne dubito; e tuttavia non li conosco, perché sono superiori a ogni nostra immaginazione. L’ uomo ha due facoltà intellettive: l'intelletto e la volontà. All'intelletto piace conoscere la verità, alla volontà piace avere la comodità, e a un punto tale che in questa vita non ci può essere niente di più desiderabile. La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta è la nostra profezia. Ragioniamo da bambini, parliamo da bambini, perché vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; difatti un corpo corruttibile appesantisce l'anima e grava la mente dai molti pensieri. Ma nel Paradiso l'uomo vedrà faccia a faccia e conoscerà perfettamente come è conosciuto; quello che è imperfetto scomparirà, e il nostro desiderio sarà pienamente soddisfatto perché l'essenza suprema, che è la verità prima, si rivelerà alla nostra intelligenza. Allora si adempirà la parola «fermatevi e sappiate che io sono Dio». Adesso l'intelletto, tormentato da tante fantasie come un bambino in un mercato, ammira or questo or quello; non si ferma, non vede Dio, ma si agita e fatica inutilmente.

Questa patria invece, in quanto viviamo santamente, è la patria della nostra speranza e dei nostri desideri. Posto in essa il profeta dice: Di te si dicono cose stupende, città di Dio. E anche: Quanto sono amabili le tue dimore, Signore degli eserciti! L'anima mia languisce e brama gli atri del Signore. E come una cerva anela ai corsi d'acqua, così l'anima mia anela a te, o Dio. L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente; quando verrò e vedrò il volto di Dio? Allora Dio sarà tutto in tutti, e quanto ciascuno vorrà sarà provveduto da Dio. Dio si insinueràcon tanta dolcezza nelle nostre menti, che si compirà perfettamente quel che dice il Profeta: Mi sazierò della tua presenza.

I beati sentiranno risuonare da ogni parte le più alte lodi di Dio, secondo la parola del Profeta: beato chi abita la tua casa: sempre canta le tue lodi. Vedranno i cieli e ne gusteranno tutta l'armonia, vedranno Cristo e sua Madre e tutti i corpi gloriosi dei beati. Questi, ormai incorruttibili e rivestiti di incomparabile bellezza, saranno per chi li guarda uno spettacolo così dolce, che non sapranno cosa di meglio desiderare.

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Martedì, 12 Novembre 2024 09:49

B. Maria Teresa Scrilli, Vergine

13 Novembre Memoria facoltativa nelle provincie italiane

Oh che buona guida è godere di Lui, per faticare per Lui: e poi tornare a riposare in Lui.
Dagli scritti di Madre Maria Teresa Scrilli

Il sentimento della Divina Presenza mi era divenuto come già dissi continuo: nell'orazione non ero capace di profittare di libri, né di farla vocale: era un'unione dolcissima (se non erro dell'orazione di quiete; dico dando a questa nome di unione, credendola tale, secondo le mie poche cognizioni) dissi era un'unione dolcissima, dalla quale non mi sapevo staccare, o per meglio dire, non mi rassegnavo alla cessazione di essa, se non persuasa a lasciare Dio, per Dio; cioè lasciare Dio nella contemplazione di Maddalena, per ritrovarlo nelli propri doveri, delle cure di Marta; quale se le avesse dato il suo luogo, e non più, e però non si fosse tutta in esse versata,dal Divino Maestro credo io, non sarebbe stata corretta: che gode anzi, che lasciamo di godere di Lui, per faticare per Lui: e poi tornare a riposare in Lui. Oh che buona guida è in questo (come in ogni altra cosa) l'amor puro di Te! E quanto è facile, l'andarvi misto, l'amore a no stessi! dico alla nostra soddisfazione, che sebbene spirituale, io non la credo buona; né mai credei; ora mi sono in ciò confermata, da alcune cose che ho letto, mi pare negli scritti della S. M. Teresa ma come dissi anche prima di leggerne, ne avevo tale opinione. È gran miseria, quella che vedo, e perciò ne ho presa esperienza: che, o vogliamo essere devoti, e spirituali, a modo nostro, o non lo siamo per nulla: le piccole teste facilmente cadon nel primo errore, le grandi, (non le grosse) nella seconda sventura. Oh mio Dio! Mala cosa, è la superbia; anzi malissima, mentre scompone, e devia, la più bella dote dell'Uomo, quale è l'intendere, per il suo vero verso. Oh se questo si spendesse per cui Tu cel donasti...oh nostra felicità! E perché non si intende, mentre Tu di questo, (dico dell'intelletto) cen faceste regalo? Ah! Nostra felicità che si spreca, in cose vane e fallaci, che forse non giungeremo a capire; o perché non ci è dato,o perché tolti a loro, da una morte immatura.

Oh cecità... oh cecità! Perdersi nelle umane scienze, quando queste non servono, allo scopo immortale:e tale certo non può chiamarsi, quel che una volta ha il suo termine.

O mio Sposo, o mio Sposo: quanto dura cosa è una tal cognizione, a chi cotanto Ti ama! Dico il comprendere quanto agli uomini, sia trascurata la conoscenza di Te... come se ogni altra cosa fosse di questa più necessaria. Oh sconvolgimento degli umani intelletti! Che al nostro secolo, dai migliori (dico da quei che esser vogliono veri cristiani), molte cose si approvano, e molto più nella circostanza si praticano, con la difesa di dovere di convenienza, ed usanze dei tempi, che con l'andar di essi, si inciviliscono e variano.

Oh te... civilizzazione, a noi funesta, se, a poco a poco, nel cuor dell'uomo, la Religione ne spengi! O Sposo, o Sposo: e chi Ti seguirà, colà in mezzo al gran mondo?

Se, vi è chi nol fa per malizia; chi si riguarda per umano rispetto; altri nol fanno, per ignoranza... dico, per essere in questa, allevati, e cresciuti, per condizione e miseria: che non son questi, quelli, che i primi espressi, quali van procurando e affascinandosi, in vane scienze del mondo, e trascurati sen stanno, nella conoscenza delle cose di Dio: ah! Non ha proprio colà, ove poggiare il capo: dappertutto, sterpi e spine si mirano, di vanità,e vanità; e temo, che anche ciò che apparisce virtù, non sia vera, non soda, pietà; se il ricco non si sfugge, e per timore d'infezione; ma più di onore avidi, che nauseanti di questa; godiamo starle appresso.

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Giovedì, 07 Novembre 2024 08:18

S. Elisabetta della Trinità (OCD), Vergine

8 Novembre | Memoria facoltativa
 
Trinità che adoro
Dagli «scritti» di santa Elisabetta della Trinità

O mio Dio, Trinità che adoro, aiutami a dimenticarmi completamente, per fissarmi in Te, immobile e tranquilla, come se la mia anima fosse già nell'eternità. Nulla possa turbare la mia pace né farmi uscire da Te, o mio Immutabile, ma che ogni istante m'immerga sempre più nella profondità del tuo mistero.

Pacifica la mia anima, rendila tuo cielo, tua dimora prediletta, luogo del tuo riposo. Che non ti lasci mai solo, ma che sia là tutta, interamente desta nella mia fede, tutta in adorazione, pienamente abbandonata alla tua azione creatrice.

O mio Cristo amato, crocifisso per amore, vorrei essere una sposa per il tuo Cuore, vorrei coprirti di gloria, vorrei amarti fino a morirne. Ma sento la mia impotenza e ti chiedo di «rivestirmi di te», d'identificare la mia anima a tutti i movimenti della tua anima, di sommergermi, d'invadermi, di sostituirti a me, affinché la mia vita non sia che un'irradiazione della tua vita. Vieni in me come Adoratore, come Riparatore e come Salvatore.

O Verbo eterno, Parola del mio Dio, voglio passare la mia vita ad ascoltarti, voglio rendermi perfettamente docile per imparare tutto da Te. Poi, attraverso tutte le notti, tutti i vuoti, tutte le impotenze, voglio sempre fissare Te e restare sotto la tua grande luce. O mio Astro amato, affascinami perché non possa più uscire dalla tua irradiazione.

Fuoco consumante, Spirito d'amore, «discendi in me», affinché si faccia nella mia anima come una incarnazione del Verbo e io gli sia una umanità aggiunta nella quale Egli rinnovi tutto il suo Mistero.

E tu, o Padre, chinati sulla tua povera piccola creatura, «coprila della tua ombra», e non vedere in lei che «il Diletto nel quale hai posto tutte le tue compiacenze».

O miei Tre, mio tutto, mia beatitudine, solitudine infinita, immensità in cui mi perdo, mi abbandono a Voi come una preda. Seppellitevi in me perché io mi seppellisca in Voi, in attesa di venire a contemplare nella vostra luce l'abisso delle vostre grandezze.

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Mercoledì, 06 Novembre 2024 11:02

B. Francesco di Gesù Maria Giuseppe (OCD)

7 novembre Memoria facoltativa nelle province della Spagna
 
L'efficacia della preghiera in favore della Chiesa
Dagli scritti del beato Francesco Palau, OCD

Nella sua provvidenza Dio ha disposto di non porre rimedio ai nostri mali e di non concederci le sue grazie se non per mezzo della preghiera, e che attraverso la preghiera di alcuni si salvino gli altri (cfr. Gc 5, 16 ss). Se i cieli stillarono dall'alto e le nubi fecero piovere con giustizia, se si aprì la terra e germogliò il Salvatore (cfr. Is 45,8), Dio volle che precedessero la sua venuta le grida e le suppliche dei santi padri e specialmente di quella Vergine singolare che persuase i cieli con la fragranza delle sue virtù e attirò nel suo seno il Verbo increato. Venne il Redentore e per mezzo di una preghiera continua riconciliò il mondo con il suo Padre. Perché la preghiera di Gesù Cristo e i frutti della sua redenzione si applichino a qualche nazione o popolo, perché vi sia chi illumini con la predicazione del vangelo e amministri loro i sacramenti, è indispensabile ci sia qualcuno o molti che con gemiti e suppliche, con preghiere e sacrifici abbiano conquistato quel popolo e lo abbiano riconciliato con Dio.

A ciò, tra altri fini, mirano i sacrifici che offriamo sui nostri altari. L'ostia santa che su di essi presentiamo tutti i giorni al Padre, accompagnata dalle nostre suppliche, non ha solo lo scopo di rinnovare la memoria della vita, passione e morte di Gesù Cristo, ma anche di obbligare per mezzo di essa il Dio della bontà perché si degni applicare la redenzione del suo figlio alla nazione,provincia, città, villaggio, o a quella o quelle persone per le quali viene celebrata la santa Messa. Proprio in essa si tratta con il Padre la redenzione, ossia la conversione delle nazioni. Prima che la redenzione fosse applicata al mondo o, che è lo stesso, prima che lo stendardo della croce fosse innalzato tra le nazioni, il Padre dispose che il suo Unigenito, fatto carne, ne trattasse con lui per mezzo di «suppliche continue, con forti grida e con lacrime» (Eb 5, 7), con angosce di morte e con lo spar-gimento di tutto il suo sangue, specialmente sull'altare della croce, che innalza sulla cima del Calvario.

Per concedere la sua grazia anche a coloro che non la chiedono né possono chiederla, o non vogliono, Dio ha disposto e comandato: «Pregate gli uni per gli altri,perché possiate salvarvi» (Gc 5, 16 ss). Se Dio concesse la grazia della conversione a sant'Agostino, ciò è dovuto alle lacrime di santa Monica; e la Chiesa non avrebbe san Paolo, afferma un santo padre, se non fosse per la preghiera di santo Stefano. Ed è degno di essere qui ricordato che gli apostoli,inviati a predicare e ad insegnare a tutte le nazioni, riconoscono che il frutto della loro predicazione era piuttosto effetto della preghiera che delle loro parole, quando eleggendo i sette diaconi perché si occupassero delle opere esterne di carità affermano: «Noi ci dedicheremo con continuità alla preghiera e al ministero della parola» (At 6, 4). Si noti bene: dicono che si dedicheranno prima alla preghiera e solo in seguito al ministero della parola, perché senza dubbio non andarono mai a convertire un popolo prima di averne ottenuto la conversione nella preghiera.

Gesù Cristo trascorse tutta la sua vita in preghiera e predicò solo tre anni.

Così come Dio non dispensa le sue grazie agli uomini se non mediante la preghiera, perché vuole che lo riconosciamo come fonte da cui deriva ogni bene, nemmeno vuole salvarci dai pericoli né curare le piaghe né consolare nelle afflizioni se non per mezzo della preghiera stessa.

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Martedì, 05 Novembre 2024 15:03

Nuno come carmelitano

San Nonio Alvares Pereira, Religioso
6 Novembre Memoria

San Nonio Alvares mantenne una devozione a Dio quasi infantile e un rigido codice di moralità, anche per i soldati del suo esercito. Attribuiva le sue strepitose vittorie all'intercessione di Maria in suo favore. Sebbene il “Conestabile Santo” fosse uno degli uomini più potenti del regno, usò la sua ricchezza e la sua influenza per promuovere la devozione religiosa e per costruire molte chiese come segno della sua gratitudine. Forse la più spettacolare delle sue chiese fu l'imponente Carmo a Lisbona, che affidò alle cure dei Carmelitani. Fece costruire una grande casa per ospitare i religiosi. A quel tempo, in Portogallo esisteva un'unica casa carmelitana, a Moura. La nuova casa e la chiesa furono riccamente finanziate dal Connestabile, che insistette anche sulla preghiera regolare e sulla stretta osservanza della Regola.

Mentre le rovine della chiesa del Carmo a Lisbona sono oggi solo un guscio dopo il terremoto di Lisbona del 1755, la casa costruita per i carmelitani accanto alla chiesa è rimasta intatta. Infatti, San Nuno sarebbe entrato nell'Ordine e avrebbe vissuto come fratello in questa casa dopo il suo ritiro dal servizio militare. Oggi l'edificio, noto come Caserma del Carmo, è il quartier generale della Guardia Nazionale Repubblicana (GNR), anche se conserva alcune delle caratteristiche presenti all'epoca di San Nuno.

Al piano terra una “cella” contiene alcuni oggetti della vita di San Nuno. Una targa vicino alla porta della cella recita: “Questo è il luogo della cella in cui il Conestabile morì il 1° novembre 1431”. Sul letto c'è il suo abito. Su una parete sono appesi due oggetti di mortificazione popolare: una disciplina, uno strumento per l'autoflagellazione e un cilicio a catena di metallo con i rebbi rivolti verso l'interno.

Tra gli altri oggetti, una bandiera decorata con una grande croce e immagini di San Giorgio, San Thiago, San Giovanni e di Maria, una delle quali con il Bambino Gesù. C'è anche un grande baule e una piccola statua del Santo in piedi su un vecchio altare decorato con una grande Croce nello stile preferito da San Nuno.

La tomba di San Nonio Alvares Pereira andò perduta durante il famoso terremoto di Lisbona del 1755. Il suo epitaffio recitava: 

“Qui giace il famoso Nuno, conestabile, fondatore della Casa di Bragança, eccellente generale, monaco benedetto, che durante la sua vita terrena desiderò così ardentemente il Regno dei Cieli da meritare, dopo la sua morte, la compagnia eterna dei Santi”. I suoi onori mondani erano innumerevoli, ma egli vi rinunciò. Era un grande principe, ma si fece umile monaco. Fondò, costruì e dotò questa chiesa in cui riposa il suo corpo”.

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