Essere Vangelo vivente
(Mt 10:26-33)
La prima lettura dell’Antico Testamento dal libro del profeta Geremia riflette l'esperienza di rifiuto che Geremia vive: nessuno vuole sentire il messaggio che ha ricevuto da Dio e che ha il compito di dare.
Anzi, vogliono ucciderlo. Geremia sembra disperato e impaurito. Ma poi la lettura si trasforma in una preghiera di fiducia piena nella presenza e compagnia di Dio e nella sua protezione spirituale: Dio e Geremia vinceranno.
Predicare nel nome di Dio è rischioso e spaventoso, e lo sa anche Gesù. Perciò esorta i discepoli a non aver paura dei timidi esordi, di coloro che possono uccidere solo il corpo o non aver paura dell’abbandono di Dio. Ricorda loro che Dio è sempre attento e li accompagna nella loro missione. Li esorta a essere coraggiosi e audaci nel proclamare la verità di Dio e nel confessare la loro fede in Gesù davanti agli altri.
Gli uditori di Matteo, come Gesù, Geremia e i discepoli, conoscevano la persecuzione e il rifiuto.
La loro domanda, allora, è anche la nostra: se permettiamo alla paura di zittirci, il mondo come potrà ascoltare la Buona Novella di Gesù Cristo?
Se non parliamo noi, chi lo farà? Se non agiamo, chi lo farà?
In realtà non si tratta di fare lunghi discorsi alle persone o di citare continuamente la Bibbia. Ma, come diceva San Francesco d'Assisi: ‘Predicate sempre il Vangelo, e se fosse necessario anche con le parole’.
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